Cecco Angiolieri, scrittore senese nato nel 1260 e morto nel 1313 era figlio di un ricco banchiere, condusse una vita inquieta e dissipata e fu spesso ossessionato da problemi di denaro. Nei documenti il nome di Cecco è menzionato per multe e condanne; egli dovette inoltre essere coinvolto nel processo per il ferimento di tale Dino di Bernardino di Montelmo. Probabilmente visse quasi sempre a Siena, allontanandosi solo sporadicamente.
La produzione dello scrittore senese s’inserisce in una ben definita corrente letteraria, nota come poesia comico-realistica, che si proponeva di capovolgere, facendone la parodia, tematiche e linguaggio della poesia stilnovista. All’amore spirituale veniva contrapposto l’amore sensuale, al motivo della lode quello dell’ingiuria, alla donna-angelo la donna volgare aggressiva, alla celebrazione delle virtù morali l’elogio dei piaceri della vita, in particolare la donna, la taverna e il gioco. Il Boccaccio gli dedicò una novella del Decameron, prendendolo come prototipo del gaudente e dello scapestrato. A Cecco Angiolieri sono attribuiti 112 sonetti, in cui utilizza il genere comico per creare dissacranti parodie dei moduli del dolce stile.